Dietro le quinte dell’ecografia: il processo di costruzione dell’immagine ecografica
L’ecografia è diventata una tecnica di indagine diagnostica di fondamentale importanza nella pratica buiatrica. Permette di avere una visione dettagliata degli organi interni in modo semplice, immediato e senza rischi per l’operatore o il paziente. Tuttavia, dietro l’immagine in bianco e nero visualizzata sul monitor si cela un processo tecnologico particolarmente complesso. Questo articolo si propone di esplorare “dietro le quinte” dell’ecografia, analizzando le modalità di costruzione dell’immagine ecografica.
Il principio impulso-eco dell’ecografia
L’ecografia si basa sul principio impulso-eco. Utilizziamo lo schema in alto per comprendere i meccanismi di formazione dell’immagine ecografica. L’impulsatore, all’interno del corpo macchina, invia un segnale elettrico alla sonda ecografica che produce un breve impulso ultrasonoro. Quindi la sonda si ferma per “ascoltare” gli echi che provengono dai tessuti e che si originano dall’interazione dell’impulso ultrasonoro con le strutture dell’organismo. Gli echi di ritorno impattano contro la superficie della sonda ecografica e vengono trasformati in segnali elettrici che ritornano al corpo macchina. Qui vengono raccolti da un ricevitore che, dopo averli amplificati, li invia all’ elaboratore elettronico. La sincronizzazione dell’attività dell’impulsatore con quella del ricevitore è assicurata da un orologio elettronico (timer) che regola il funzionamento a fasi alterne dei due sistemi. L’elaboratore elettronico utilizza gli impulsi elettrici che provengono dal ricevitore per costruire l’immagine ecografica poi visualizzata sullo schermo.
A questo punto abbiamo tutti gli elementi per comprendere come l’elaboratore riesca a convertire i segnali elettrici in punti sullo schermo con varie tonalità di grigio. L’immagine ecografica appare sullo schermo in scala di grigi. Questo significa che l’aspetto delle strutture investigate con l’ecografia è caratterizzato da punti che vengono rappresentati di colore grigio la cui tonalità può tendere verso il bianco o verso il nero. Il valore tonale dei punti che compongono l’immagine ecografica è determinato dall’intensità dei segnale elettrici corrispondenti. Quando l’impulso ultrasonoro interagisce con una struttura dell’organismo genera un eco che ritorna alla sonda. L’eco impatta contro la sonda determinando la formazione di un segnale elettrico la cui intensità è proporzionale a quella dell’eco corrispondente. Ebbene l’elaboratore assegnerà un tono di grigio tendente al bianco per i segnali più intensi e tendente al nero per quelli meno intensi. Le strutture che riflettono una grande percentuale dell’impulso ultrasonoro (come l’osso) sono rappresentate di colore bianco poiché i segnali elettrici corrispondenti sono particolarmente potenti (l’eco che l’ha generato è molto intenso). Le strutture che non riflettono gli ultrasuoni (come alcuni liquidi) e che quindi non producono echi, sono rappresentate di colore nero. Dal momento che non sono in grado di generare echi, non viene prodotto alcun segnale elettrico. Tra questi due estremi esiste tutta una gamma di tonalità di grigi che contraddistingue l’eterogeneità delle strutture organiche e che dipende dall’intensità del segnale elettrico generato dagli echi corrispondenti.
Compreso quindi come viene assegnato il colore bianco, il nero o il differente tono di grigio all’immagine, rimane da capire come la macchina ecografica assegni la posizione dei vari punti.
Posizione dei punti sull’immagine ecografica
L’immagine ecografica è bidimensionale per cui ogni punto sullo schermo è caratterizzato da due dimensioni, come se fosse un sistema di assi cartesiani: profondità (Y) e lateralità (X).
La profondità di una struttura viene assegnata sullo schermo attraverso il calcolo del tempo che separa l’emissione dell’impulso ultrasonoro dal ricevimento dell’eco corrispondente. In pratica l’elaboratore elettronico calcola il cosiddetto “time of fligth” (tempo di volo), cioè il tempo che occorre all’impulso eco di ritornare alla sonda ecografia. Tanto maggiore sarà la profondità della struttura da cui origina l’eco, tanto maggiore sarà il time of fligth. Nell’immagine le distanze delle strutture esaminate dipendono dal tempo di ritorno dell’eco T3 > T2 > T1
La posizione in senso laterale deriva invece dal punto della sonda ecografica che riceve l’eco. L’ecografo presuppone che gli impulsi ultrasonori progrediscano unicamente in linea retta. Un eco che impatta centralmente la sonda (per esempio la posizione 5) darà vita ad un’immagine posta al centro dello schermo mentre echi che impattano lateralmente verranno rappresentati come strutture poste nelle porzioni laterali (per esempio le posizioni 1 o 9).
Conclusioni
Per concludere possiamo riassumere che la formazione dell’immagine ecografica si basa sul principio impulso-eco. Un eco intenso prodotto da una struttura dell’organismo porterà la macchina ecografica ad assegnare all’immagine corrispondente sullo schermo, un tono di grigio tendente al bianco. Viceversa, un eco debole farà in modo che l’elaboratore assegni a quella struttura un tono di grigio tendente al nero. Per quanto riguarda la posizione, una struttura viene posta sul monitor ad una determinata profondità in base al tempo che separa l’emissione dell’impulso dal ricevimento dell’eco corrispondente. Lo stesso impulso ultrasonoro originerà echi diversi che torneranno alla sonda in tempi diversi, in particolare, quelli superficiali torneranno prima di quelli profondi. La macchina ecografica assegna la profondità della struttura sullo schermo calcolando il tempo di ritorno dell’eco. Infine, la posizione centrale o periferica sarà stabilita in base alla posizione della sonda che riceve l’eco di ritorno.